Una brutta , famelica ed emaciata vecchina,priva di denti, vestita di nero,un fazzoletto in testa, un fuso tra le mani: “Quaremma” ammonisce e ricorda la fine del carnevale nei vicoli e nelle vie grottagliesi che nel tempo quaresimale,un tempo, si vestivano di sobrio lutto,commistione totale tra sacro e profano. La tradizione affonda le sue radici nella cultura popolare ancestrale. Cultura fatta di leggende, vecchi detti e modi di agire,ricordi confusi e racconti malinconici.
Quaremma e’ la moglie di Carnevale e si lamenta per i debiti che il coniuge le ha lasciati,facendola piombare nella indigenza.Collocata sempre in alto, per fungere da esempio ammonitore per tutti,ti guarda dai balconi o dalle terrazze vestita a nero,le mani che reggono fuso e conocchia( metafora del tempo che irrimedialmente passa e trascorre…tempus sic transit),un’arancia ai piedi(simbolo dell’indigenza) o una patata(a seconda delle localita’) su cui sono infilzate sette penne di gallina,ad indicare le settimane di sacrificio precedenti la Pasqua.
Sara’ poi bruciata,finito il periodo quaresimale, con rito purificatore.
Assieme alla Quaremma,a secondo delle localita’(la tradizione e’ diffusa, con diversita’ iconografiche e rituali, in tutto il Meridione) nel Salento leggo che “ si appendevano alcuni oggetti come una bottiglietta d’olio (rappresenta l’olio usato per la lampada per continuare il proprio lavoro nella notte), una d’aceto (rappresenta la ristrettezza economica in cui vive) e 7 taralli o fichi secchi (il poco e povero cibo che aveva a disposizione) e altri oggetti di corredo come il fuso. A volte, al posto del fuso può avere in mano una “cucchiara” o altri utensili usati nel lavoro domestico”
C’è anche chi sostiene,proprio a causa del fuso e della bruttezza , che Quaremma abbia un legame con la mitologia greca classica e rappresenterebbe Cloto, una delle tre Parche greche il cui nome deriva dal verbo greco , κλώθωovvero “filare ”, dal momento che aveva in mano la conocchia e filava il destino dei mortali: ipotesi valutabilissima, dal momento che il nostro Meridione corrispondeva alla Magna Grecia (Μεγάλη Ἑλλάς ). In alcuni centri salentini,il fantoccio veniva arso su un rogo o distrutto a colpi di fucile per manifestare la fine delle astinenze e l’inizio di un nuovo periodo, rigenerato dal sacrificio pasquale”.
La domenica di Pasqua, a Calimera, i bambini, sfilando l’ultima penna, recitavano questa filastrocca:
UNU: Le mendule
DOI : Le carèndule
TRE : Li nuci
QUATTRU: Le Crùci
CINQUE: La passione
SEI: Le palme
SETTE: Dumineca, se mangia la carne!
Oggi la tradizione è ancora viva nel barese e nel sud leccese, principalmente a Gallipoli e ad Alliste, dove si svolge un concorso che premia la “Quaremma” più originale.
Farlo a Grottaglie sarebbe troppo oneroso?
Non credo, è solo questione di buona volontà e di credere in ciò che……… si conosce,per conservare questo immenso patrimonio culturale e sociale.
E questo verbo “conoscere” ritorna sempre !